Commissione IDP – tavolo di lavoro – interpretazione normativa – circolare GdF

fedifin

    La Commissione Istituti di pagamento condivide una nota relativa alle criticità riscontrate nell’applicazione degli obblighi di adeguata verifica, in riferimento al punto di contatto costituito da un intermediario europeo, ed alla conseguente disparità di trattamento tra agenti nazionali e comunitari per la verifica delle violazioni della normativa antiriciclaggio.

    Fedifin si rende disponibile a costituire un tavolo di lavoro per l'interlocuzione con le Autorità di vigilanza.

    Sono aperte le adesioni a chiunque voglia farne parte.

     

    Premesse - Scenario normativo

    L’attività di rimessa di denaro può essere svolta da intermediari disciplinati dal d.lgs. 385/1993 (TUB) in coerenza con la direttiva europea di piena armonizzazione sui servizi di pagamento (cd. PSD): si tratta, essenzialmente, di istituti di pagamento (IP) e istituti di moneta elettronica (IMEL).

    Gli IP e gli IMEL nazionali svolgono l’attività previa autorizzazione della Banca d’Italia e sono iscritti in appositi albi tenuti dalla stessa. Sono previsti: controlli all’ingresso e per l’assunzione di partecipazioni rilevanti; obblighi in materia di capitale minimo e patrimonio commisurati ai rischi; requisiti di onorabilità e professionalità degli esponenti aziendali e di onorabilità per i soci; norme per il governo societario, l’organizzazione aziendale e i controlli interni. La Banca d’Italia dispone di poteri di vigilanza regolamentare, informativa e ispettiva, di sorveglianza sui sistemi di pagamento, nonché di governo delle crisi e sanzionatori. Il settore comprende anche intermediari comunitari che operano in Italia in regime di libertà di stabilimento (con succursale) o di libera prestazione di servizi (senza succursali) sulla base di una comunicazione dell’Autorità di vigilanza dello Stato in cui hanno sede (Autorità home) alla Banca d’Italia (Autorità host) in merito all’intenzione di avviare l’attività.

    La regolamentazione e la vigilanza nei confronti degli intermediari europei, operanti in Italia con o senza succursali, sono di competenza dell’Autorità estera (principio dell’home-country control). Le autorità italiane esercitano controlli in materia di trasparenza e correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti e di contrasto dell’usura, del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Alla Banca d’Italia è attribuito il potere di ordinare all’intermediario di porre termine alle irregolarità, dandone comunicazione all’Autorità home per i provvedimenti eventualmente necessari; se tali provvedimenti mancano o risultano inadeguati ovvero in determinati casi gravi, la Banca d’Italia può adottare le misure necessarie, compresi il divieto di intraprendere nuove operazioni in Italia e la chiusura della succursale.

    Per lo svolgimento del servizio di money transfer gli intermediari si possono avvalere di una rete distributiva di agenti, assoggettati a regole diverse a seconda che operino per un intermediario nazionale o europeo. Nel primo caso gli agenti devono essere iscritti nell’elenco tenuto dall’Organismo degli Agenti e dei Mediatori (OAM) e possedere specifici requisiti, in particolare di onorabilità e professionalità.

    L’OAM verifica che gli agenti rispettino la disciplina; può effettuare ispezioni e chiedere informazioni e documenti; in caso di inosservanza può adottare provvedimenti di richiamo, sospensione dall’esercizio dell’attività e cancellazione dall’elenco.

    Gli “agenti comunitari” sono invece iscritti nel registro del Paese in cui l’intermediario ha ottenuto l'autorizzazione; i requisiti loro richiesti possono essere meno stringenti e comportare minori costi; devono, comunque, comunicare all’OAM l’avvio e la conclusione dell’operatività in Italia e i propri dati aggiornati.

    La normativa antiriciclaggio prevede che l’intermediario europeo, qualora si avvalga in Italia di una pluralità di agenti, debba costituire un “punto di contatto centrale”. Questa struttura, prevista a fini antiriciclaggio, ha obblighi di comunicazione nei confronti dell’OAM per consentire il monitoraggio delle reti di agenti comunitari che operano nel mercato italiano dei servizi di pagamento; essa “risponde” anche del rispetto da parte degli “agenti comunitari” delle disposizioni italiane in materia di trasparenza.

    Le eventuali violazioni commesse dal punto di contatto e dagli “agenti comunitari” formano oggetto di comunicazione dall’OAM all’Autorità del Paese home; quando mancano interventi adeguati da parte di quest’ultima, il Ministero dell’Economia e delle Finanze può intervenire nei confronti dell’agente comunitario, vietandogli di intraprendere nuove operazioni in Italia.

    Nel Titolo II, Capo V del novellato D.Lgs. n. 231/2007, sono contenute le disposizioni per la prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo rivolte specificamente al settore degli agenti e soggetti convenzionati di prestatori di servizi di pagamento ed istituti di moneta elettronica, che vanno ad integrare la disciplina applicabile in via generale a tutti i soggetti obbligati di cui all’art. 3 del decreto in esame.  Le norme tengono conto delle conclusioni rassegnate nel documento di “analisi nazionale del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo”, predisposto dal Comitato di Sicurezza Finanziaria, con il quale sono state rilevate, tra l’altro, notevoli criticità in ordine alla sicurezza e professionalità delle reti distributive della particolare tipologia di servizio (cc.dd. money transfer).

    Le linee generali dell’intervento riformatore attengono essenzialmente al potenziamento del ruolo del punto di contatto centrale e alla omogeneizzazione delle regole riguardanti i soggetti operanti nello specifico settore.

    In tale contesto, l’art. 43 del decreto detta a carico dei prestatori di servizi di pagamento e degli istituti di moneta elettronica specifici obblighi per l’attuazione di misure e procedure idonee a garantire la liceità dell’azione degli operatori convenzionati e dei soggetti a questi associati, costituenti il network di distribuzione del servizio sul territorio nazionale.

    L’art. 45 istituisce, poi, presso l’Organismo degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi (OAM) di cui all’art. 128 undecies TUB un registro pubblico informatizzato destinato ad accogliere e censire gli estremi identificativi e logistici degli agenti e dei soggetti convenzionati, la cui alimentazione è rimessa alla responsabilità dei menzionati punti di contatto centrale, che dovranno inoltre comunicare, entro 30 giorni, eventuali estinzioni del rapporto di convenzionamento per motivi non commerciali.

    Quest’ultima ipotesi può verificarsi qualora il punto di contatto o l’intermediario di riferimento accerti che le prassi adottate dai propri agenti e soggetti convenzionati non siano conformi agli standards antiriciclaggio.

    Focus – problematiche operative

    Si tratta, in particolare, di deduzioni difensive riguardanti, soprattutto, l’approccio metodologico seguito in sede ispettiva dalla Guardia di Finanza, in relazione, più in particolare, all’assunto interpretativo in ordine alla selezione dei soggetti (l’Istituto di Pagamento e non l’Agente sottoposto a verifica) da ritenere assoggettati agli obblighi di adeguata verifica e, per l’effetto, alle conseguenze sanzionatorie ritraibili dalla loro eventuale violazione.

    Il tema che si propone di considerare riguarda, in altri termini, la fondatezza dell’eventuale accertamento effettuato nei confronti di un agente nazionale (e, dunque, iscritto all’OAM), nella misura in cui i verificatori, come più volte riscontrato, possano additare l’Intermediario quale soggetto responsabile, in modo esclusivo, delle eventuali violazioni della normativa antiriciclaggio, che si assumono materialmente commesse dall’agente o dal soggetto convenzionato della società mandante, IP Nazionale

    Orbene, il perimetro concettuale di tale conclusione sanzionatoria, se pure non esplicitamente richiamato nell’attività di verifica delle pattuglie, è da ritenersi definito nell’ambito delle indicazioni operative diramate dal Comando Generale della Guardia di Finanza, giusta Circolare n° 210557, emanata, in data 7 luglio 2017, a ridosso dell’entrata in vigore del d.lgs 90/2017.

    Secondo tale impostazione interpretativa, infatti, troverebbe applicazione, a livello operativo, la tesi in virtù della quale “eventuali violazioni agli obblighi di adeguata verifica della clientela poste in essere in relazione ad operazioni di importo inferiore a 15.000,00 euro (id est, come nel caso di specie le operazioni tipicamente caratteristiche del servizio di rimessa di denaro, ndr), effettuate presso Agenti che operano per conto di Istituti Nazionali, possono essere contestate esclusivamente all’Intermediario di riferimento” (in termini, la Circolare citata, a p. 9).

    In tale prospettiva, quindi, la notifica del verbale GDF in oggetto al solo Intermediario si pone in termini di immediato recepimento applicativo del surrichiamato approccio ermeneutico alla materia antiriciclaggio - per come novellata l’estate dell’anno passato – sicché i motivi di critica che gli possono rivolgere coincidono, nell’ordine di idee che si sta considerando, alle ragioni di dubbio che sembra lecito rinvenire all’esito della lettura della citata circolare.

    In termini schematici:

    1. l’affermazione che gli agenti che operano per conto di Istituti di Pagamento nazionali, a differenza di quelli convenzionati con Intermediari comunitari, siano esonerati dall’osservanza del regime disciplinare introdotto al capo V del Titolo II del D.lgs 231/2007 ovvero che tali agenti (quelli c.d. nazionali), più in generale, non sarebbero tenuti, allorquando operino per conto di Istituti di Pagamento nazionali, all’adeguata verifica della clientela per operazioni (occasionali) di importo inferiore ai 15.000,00 euro (cfr., p. 8 circolare GdF cit.)[1] esprime, in primo luogo, un dictum esegetico palesemente contrastante – ed irragionevolmente discriminatorio - con la voluntas legis manifestatasi attraverso il recepimento della IV Direttiva Antiriciclaggio, nel settore specifico del money transfer, ovvero all’interno di un mercato da ritenere, anche all’esito delle precipue analisi condotte dal Comitato di Sicurezza, già nel 2014, caratterizzato da notevoli criticità (così, nella relazione illustrativa al d.lgs 90/2017, p. 14[2])
    2. La traiettoria interpretativa dell’assunto sostanzialmente racchiudibile nella formula “gli agenti nazionali sono irresponsabili” non può, da un punto di vista sistematico, trovare un corretto (rectius: logicamente plausibile) puntello interpretativo, come, invero, preteso nella circolare in esame, nella considerazione delle modalità di esecuzione degli obblighi di adeguata verifica da parte degli Intermediari nazionali.

    Si vuol dire, cioè, che la possibilità – rimarcata nella circolare in esame - che gli Istituti di Pagamento di diritto italiano possano avvalersi, ai fini dell’adeguata verifica, anche di soggetti terzi (nella specie, gli agenti in attività finanziaria nazionali) non può assumersi a momento di conferma della postulata tesi in ordine alla loro esclusiva responsabilità in tema di corretto assolvimento dell’adeguata verifica medesima.

    E’ evidente, infatti, che una simile lettura della disposizione citata non è attenta a controllarne la complessiva tenuta interpretativa e, soprattutto, il progressivo slabbramento della sua affidabilità logica, non appena la suggestione della sua enunciazione venga misurata con il corretto significato da attribuire alle disposizioni evocate nel testo della Circolare.

    In altri termini, il discorso fondato sul richiamo all’adeguata verifica tramite terzi è condotto, da un lato, senza padroneggiare le specifiche normative di tale istituto (perché evidentemente non si può ritenere terzo il punto vendita presso il quale l’operazione viene richiesta) e, dall’altro, senza avvedersi della contraddittoria pretesa (da un punto di vista interpretativo) di accreditare un’adeguata verifica da parte di un soggetto (asseritamente terzo) che, in realtà, secondo le conclusioni qui censurate, non sarebbe da ritenervi affatto obbligato.

    Più semplicemente: non vi è chi non veda che: 1) l’agente in attività finanziaria è parte del rapporto nell’ambito del quale l’operazione viene conclusa[3]; 2) se gli agenti nazionali non fossero tenuti all’adeguata verifica della clientela, come preteso dalla GdF[4], neppure potrebbero, in nessun momento, disporre delle evidenze informative che, nell’ambito della adeguata verifica tramite terzi, dovrebbero rilasciare all’Intermediario ex art. 27 D.lgs 231/2001.

    In conclusione, la tesi proposta dalla Guardia di Finanza nella citata circolare, relativamente alla responsabilità (esclusiva) dell’Intermediario appare fondata su un non condivisibile decorso interpretativo della normativa antiriciclaggio, posto che:

    • non è in  linea con l’esigenza di evitare irragionevoli disparità di trattamento tra agenti nazionali e comunitari ovvero con la basilare opportunità di assicurare una disciplina necessariamente omogenea del mercato (“a rischio”) del money transfer (esplicitamente riconosciuta nella relazione illustrativa al D.lgs 90/2017)[5];
    • è obiettivamente contrastante, oltre che, per le ragioni sopra accennate, con l’invocata disposizione dell’art 26 D.lgs 231/2007, con la lettera dello stesso art. 17, ultimo comma, D.lgs 231/2007, secondo cui, “nei casi in cui la prestazione di servizi di cui al presente comma (sostanzialmente il servizio di rimessa di denaro) sia effettuata tramite soggetti convenzionati (id est, agenti nazionali) e agenti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera nn), restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 44, comma 3” [6]

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    [1] Si badi bene, peraltro, che non si danno casi di operatività di tali Agenti al di fuori di un rapporto di convenzionamento con un Intermediario.

    [2] Si veda, altresì, nella medesima relazione, la chiara ed inequivoca affermazione in ordine all’applicabilità delle nuove disposizioni indistintamente AD ISTITUTI NAZIONALI ED ESTERI – cfr. loc.ult.cit

    [3] Al riguardo, a conferma del fatto che l’agente non può ritenersi, in relazione all’Intermediario per cui operi, soggetto terzo, giova, per la sua chiarezza, richiamare la descrizione del concetto di adeguata verifica tramite terzi  offerta nella già ricordata relazione illustrativa: “la sezione III del Capo I dedicato all'adeguata verifica della clientela, raggruppa disposizioni volte, in un'ottica di semplificazione e razionalizzazione degli adempimenti richiesti ai soggetti obbligati, ad individuare ipotesi e modalità di esecuzione dell'adeguata verifica della clientela da parte di soggetti terzi rispetto al rapporto di cui è parte il cliente da verificare” (cfr. relazione cit., p.11).

    [4] Secondo cui “tale impostazione comporta che, mentre gli agenti che operano per conto di intermediari stranieri devono comunque osservare le disposizioni specifiche di cui all’art. 44 in relazione ad operazioni di qualunque importo, gli agenti che operano per conto di istituti nazionali non hanno obblighi analoghi (!) per i trasferimenti inferiori alla predetta soglia” (cfr. Circolare cit, p. 9).

    [5] E che, all’evidenza, costituirebbe un viatico gravemente deresponsabilizzante per gli agenti nazionali.

    [6] Il che val quanto dire che a tale categoria di Agenti – e non potrebbe non essere così - essi si applicano le disposizioni (di cui ai commi precedenti) in materia di adeguata verifica della clientela.